Il Quintetto per archi di Franz Schubert, un’opera senza tramonto.
- David Scaroni
- 23 gen 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 4 nov 2022
Il Quintetto per archi in Do Maggiore D956 di Franz Schubert viene considerato universalmente una delle maggiori opere cameristiche di tutti i tempi.
Un vero e proprio capolavoro strumentale composto nel 1828 - a poco più di soli due mesi dalla morte del compositore - e riassunto in una partitura molto ampia il cui ascolto si aggira sui sessanta minuti d’orologio.
Come tutti sanno in questo quintetto compaiono due violini, una viola e due violoncelli, in una formazione quindi abbastanza inusuale nello scenario del camerismo viennese dell'epoca. Esisteva già infatti l’op.4 di Ludwig Van Beethoven che però nacque come trascrizione da un ottetto e anche per questo viene considerata un’opera minore.
Proprio il grande Beethoven, che iniziò a conoscere le sue opere solo in tarda età, lesse sul letto di morte alcune partiture e disse di Schubert: “Quest’uomo possiede la scintilla divina!” E fu proprio quest’uomo ad essere uno dei musicisti che alla morte del genio di Bonn nel 1827 resse i cordoni della sua bara al cimitero viennese dove l’anno dopo sarebbe stato sepolto lui stesso. Schubert amava Beethoven e lo testimonia il fatto che per suo desiderio venne eseguito il Quartetto op.131 in forma privata nella sua camera da letto dove era costretto a rimanere a causa delle sue precarie condizioni fisiche. Ad oggi le lapidi di questi immensi compositori sono ubicate a pochi metri l’una dall’altra come a rappresentare due geni immortali uniti in ammirazione reciproca anche dopo la morte.
Reputo davvero incredibile come Schubert sia riuscito a unire il rigore del periodo classico al tormento interiore che il romanticismo stava portando riassumendo il tutto in un equilibrio sonoro e musicale che forse ad oggi davvero non ha ancora eguali.
In questo quintetto è ben chiara la contrapposizione espressiva fra la tessitura dei violini e quella grave dei violoncelli - come una sorta di due mondi paralleli che si confrontano con rispetto ed estrema eleganza - con la viola che si schiera con gli uni o con gli altri facendo da continuo collante armonico e melodico.
A tal proposito è doveroso ricordare il lirico secondo tema del primo movimento - esposto prima dai violoncelli e subito dopo dai violini - che evidenzia una dolcissima melodia facendo emergere limpidamente un senso di assoluta malinconia.
Schubert infatti era a conoscenza che la sua vita, probabilmente a causa della sifilide, stava per terminare e il Quintetto in Do Maggiore (tonalità della luce) sembra rappresentare una sorta di congedo e di rassegnazione ad una morte prematura. Un continuo, meraviglioso e disperato canto per compensare il suo mal di vivere in un chiaro testamento spirituale.
Vorrei consigliare una lettura che in me ha destato assoluto interesse e curiosità: Franz Schubert, Il Quintetto per Archi di Giancarlo Aquilini.
Ovviamente conoscevo il Quintetto ben prima di immergermi in queste pagine e nonostante già lo avessi eseguito in pubblico ha indotto in me riflessioni sia dal punto di vista tecnico/compositivo sia emotivamente in riferimento all’animo sofferente del compositore.
Il M° Aquilini, musicologo, pianista e compositore, ha saputo riassumere in questo suo libro - pubblicato per Albisani Editore - un’analisi molto equilibrata presentando alla perfezione questo capolavoro del primo Ottocento. Ho trovato davvero notevole la chiara spiegazione della partitura nel contesto degli ultimi sofferenti istanti della breve vita di Franz Schubert.
Parallelamente mi sento di consigliare un disco fra i miei preferiti in assoluto.
Fra le molte pubblicazioni discografiche riferite a quest’opera consiglio l’acquisto e l’ascolto dell’esecuzione del Quartetto Foné con Franco Rossi al secondo violoncello per l’etichetta Aura Music. Prediligo questa esecuzione per la qualità espressiva del suono che a mio avviso chiaramente rispecchia l’animo del compositore ormai prossimo alla dipartita.
Franz Schubert morì senza poter mai udire quel che forse può essere definito il suo maggior capolavoro compositivo che, in quanto tale, rimarrà a mio avviso un'opera senza tramonto.
La prima esecuzione del Quintetto in Do Maggiore D956 avvenne soltanto nel 1850 nella Sala Piccola del Musikverein di Vienna e probabilmente se fosse stato presente avrebbe inteso che il suo nome, e la sua musica, sarebbero rimasti immortali nei secoli a venire.
Buona lettura e buon ascolto!
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